[audio:http://www.fileden.com/files/2007/6/28/1218975/04%20-%20Three%20Days%20Grace%20-%20Never%20Too%20Late.mp3|autostart=yes|bgcolor=0x000000]

La notte incombe sulla città, ormai tranquilla e priva di tutti i problemi del giorno.
Dalla strada le luci accese nelle abitazioni, gli alberi addobbati e la musica sono i segnali di un Natale pressoché alle porte.
24 Dicembre.
Passeggiavo lentamente per quei vicoli che ormai conoscevo alla perfezione, salutavo chiunque mi si trovasse davanti con un sorriso sulle labbra e la solita frase formale che si rifila a tutti.
Buon Natale.
Il Natale è sempre stato una spina nel fianco, fin da quando ero bambino.
L’albero di Natale, il presepe, i regali impacchettati.
Cazzate.
Sapevo già in anticipo cosa avrei ricevuto, il rapporto con i miei fratelli era strettamente familiare e con i miei genitori…
Mio padre è morto all’età di 36 anni, 4 anni dopo la mia nascita.
Cancro ai polmoni dovuto alle troppe sigarette, almeno così racconta oggi mia madre.
Ella non è mai riuscita ad avere una storia seria con un uomo, ricordando sempre nella sua mente il suo amato marito defunto.
Cazzata.
L’amore non esiste, è un sentimento irrazionale e irreale, utilizzato come strumento del marketing per aumentare le casse delle multinazionali produttrici di cioccolatini, fiori e quant’altro.
Ma non divaghiamo.
È già a quattro anni che ho iniziato a sentire quest’odio nei confronti del Natale.
Quando tutti lì, seduti intorno all’albero addobbato con centinaia di colori diversi, con quella fontana del presepe che scrosciava emettendo un rumore insopportabile…
Ci si prometteva di rimanere insieme per sempre e si elencavamo i buoni propositi per l’anno a venire…
Cazzate.
Sì, odio anche il solo parlarne.
Dio? Se esistesse davvero staremmo tutti bene, senza malattie e senza bisogno di medicine.
Festeggiare la nascita di suo figlio?
Cazzata.
Un uomo mi passò accanto fischiettando un motivetto che conoscevo e che fece aumentare in me l’ira.
Passai di fronte all’abitazione di mia madre, ormai in punto di morte e priva dell’affetto di un qualunque familiare.
L’unica casa nel vicinato senza alberi addobbati, senza luci intermittenti, senza musica e senza il profumo del tacchino provenire dall’interno.
Una casa vuota e privata di tutto.
Raggiunsi la mia abitazione, aprii la porta e mi gettai sul divano.
Normalmente passavo la serata davanti allo schermo della televisione, ma cosa si può trovare in Tv la sera della vigilia di Natale?
Esatto, solo cazzate.
Fu così che mi gettai a letto, protetto dal dolce calore delle coperte.
Ma nulla avrebbe potuto cambiare ciò che il giorno dopo sarebbe avvenuto.

La mezzanotte era appena scoccata quando un urlo risuonò per tutta la città, costringendomi ad aprire gli occhi.
Una donna era appena salita sul tetto della sua abitazione, minacciando il suicidio.
Urlava di aver avuto una vita d’inferno, di essere stata abbandonata da tutti, e di voler mettere fine una volta per tutte a questa sofferenza.
Non avrebbe dato un simile privilegio a qualcuno che per tutti quegli anni non aveva fatto altro che odiarla.
Si riferiva a Dio, quell’entità che tutti venerano ma che nessuno ha avuto modo di toccare con mano.
La fede è la loro forza, e la sua era ormai svanita da tempo.
Il cielo venne ricoperto da nuvole scure, il contrario del paesaggio che si aspetterebbe di vedere il giorno di Natale.
Pioggia, la pioggia aveva iniziato a scendere, senza sosta, sulle strade di quella città.
Vita, Amore, Felicità.
Tutte cazzate.
Un solo passo e tutto ebbe fine.
Il rumore di ossa spezzate fece contorcere tutti quegli spettatori, incapaci persino di salvare una vita umana.
Fu allora che una scintilla mi accese il cuore e pur non essendo lì, sapevo cosa era accaduto.

Mia madre, la donna che aveva rovinato la mia intera esistenza, finalmente non era più un problema.
Quante volte avrei desiderato avere lo stesso padre per più di un anno… Invece nuovo Natale, nuovo padre, nuove promesse che mai sarebbero state mantenute.
Mi misi a ridere, una risata isterica?
No.
Una risata… una vera risata.

Era come se quell’avvenimento avesse finalmente curato il mio cuore malato non sapendo che, invece, l’aveva compromesso per sempre.
Mi alzai incurante dell’ora tarda, mi misi il cappello e corsi in strada, giusto per accertarmi dell’esattezza della mia teoria.
Saltellavo come un bambino il giorno di Natale, un bambino che aveva appena ricevuto il regalo che aspetta da anni.
Saltellavo e canticchiavo canzoni natalizie.
Sì, ora amo il Natale.

Privato finalmente del limite che mi impediva di vivere.

Sì, forse sono un folle, ma per il momento sono un folle felice.
Ho lasciato alle spalle il mio passato ed iniziato un nuovo presente tra moglie, ricchezza e fama.
Sono certo, però, che questo avvenimento mi ha segnato, e continuerà a farlo, per il resto dei miei giorni.

E non saranno poi tanti, ne sono certo.




Continua con “The End of this Chapter”

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3 commenti

  1. bello bello ma se nn ci fossi io come faresti???dai ammettilo ke ti ho consigliato…nn prenderti tutti i meriti!!! 🙂

  2. Pfffff tu hai detto un piccolo concetto, io l’ho sviluppato xD

  3. bello..ironico ma dal fondo amaro..bello davvero

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