La verità, tutti la cercano ma nessuno la vuole realmente.
Domande, domande retoriche che mi bombardano inutilmente questa notte, mentre il mio corpo e quello di questa donna si fanno delle promesse e si fondono in tutt’uno in un abbraccio privo di sentimento.
Nuova notte, nuova donna, stessa promessa.
Oggi si chiama Elena, ha i capelli biondi che, spinti dal suo movimento frenetico, si muovono senza sosta in direzioni diverse, incontrollabili.
Niente frasi fatte, sdolcinate, un semplice e puro bisogno fisico.

« Che ci fai qui da sola? »
« E’ un bar, cosa vuoi che ci faccia? Bevo.»

Poche chiacchiere, più azione.
Due drink, forse tre, e siamo finiti nella mia macchina a…
Dio benedica le macchine enormi.
Qualcosa questa sera è diverso, qualcosa questa sera mi sta facendo pensare alla mia situazione.
Non lo faccio mai, calcolando che ormai la mia coscienza pensavo si fosse presa un anno sabbatico.
Ma no, eccola, è tornata a farmi sentire una merda per tutti i miei comportamenti.
In un insolito gesto di romanticismo stringo forte a me il mio giocattolino notturno e riprendo possesso del mio corpo.
Inizio a rivestirmi, e dal suo sguardo incerto capisco di averla lasciata insoddisfatta.
Poco male, troia com’è non ci metterà molto a trovare con chi rifarsi, la notte è giovane.
L’abbandono lì, sul ciglio della strada, e parto a tutta velocità verso l’unica destinazione che mi viene in mente, casa sua.
Lei, che è stata uno di quei tanti pretesti notturni, lei che ho usato solo per uno sfizio personale.
Lei che era diversa, ma che non ho saputo apprezzare.
Parcheggio al solito posto e scendo dalla macchina, iniziando a fissare quella finestra che io so essere l’unico spiraglio per quel mondo.
La luce è accesa e la mia mente comincia a ricordare le notti con lei, le notti dove nulla più sembrava un gioco.
E’ stato il mio esperimento, un esperimento fallito.
Pensavo di poter nascondere i sentimenti e trattare chiunque con freddezza, ma visto come sono ridotto ora, direi che non ha funzionato.
Chiudo gli occhi e mi immagino quella camera, lei stesa sul letto e qualcun altro che la stringe forte a sé, che le bacia quel suo stupendo seno e che la fa sua come solo lei può meritare.
Fino a poco prima di incontrarla ho vissuto una vita intera con una maschera addosso, era diventata così parte di me da non scorgere nemmeno più la minima differenza.
Vivevo fregandomene delle conseguenze, cogliendo ogni attimo solo per il gusto di farlo.
Con lei tutto è stato diverso.

Ci siamo conosciuti in biblioteca; non ricordo bene cosa ci facessi (o forse è semplicemente meglio non ricordare), ma quando l’ho vista lì, seduta su quel divanetto, ho capito che doveva essere mia.
Dovevo averla, come un bambino che vede un nuovo giocattolo alla Tv io sbavavo di fronte a lei desiderandola più di qualsiasi altra cosa.
D’un tratto la maschera che avevo portato fino a quel momento cadde, inesorabilmente, abbandonandomi in un mare di timidezza, frasi tremolanti e sorrisi incerti.
Per la prima volta iniziammo a parlare di argomenti futili, senza senso, solo per sentire la sua voce, solo per avere quel minuto di celebrità con lei.
Con lei mi sentivo come un adolescente alle prese con la sua prima volta, lei era la mia sigaretta dopo aver mangiato, l’arcobaleno dopo una settimana di pioggia incessante.
Con lei mi sentivo tornare vergine ogni volta che lo facevamo, era un rewind completo.
L’accompagnai a casa, per la prima volta senza doppi fini, e l’unica cosa avventata che feci fu darle un bacio.

«Scusami, volevo solo provare una cosa.»
Mi sorrise «Cosa?»
«Volevo testare il mio autocontrollo. E se non scendi subito dalla macchina il test fallirà miseramente.»

Scoppiò a ridere, mi schioccò un bacio sulla guancia e scese.
E’ stato il bacio più breve e allo stesso tempo più intenso della mia vita.
Per un mese intero non vidi altre ragazze, ogni sera uscivamo, solo io e lei, e sotto ogni aspetto sembravamo una coppia felice.
Facemmo l’amore per la prima volta una settimana dopo il nostro primo incontro, nella maniera più normale possibile, ma ai miei occhi parve davvero speciale.
Tutto era perfetto, troppo perfetto, troppo normale.
A me la normalità non è mai piaciuta, e a poco a poco mi sono riavvicinato alla maschera del mio passato.
Una serata nel posto sbagliato, una festa con troppa gente e verso le tre, forse le quattro, mi sono ritrovato chiuso nello sgabuzzino con una barista.

Ritorno al presente e mi decido, mi fiondo alla porta e busso.
Conosco gli orari e sono sicuro che, nonostante l’ora tarda, sia ancora lì, davanti al suo programma preferito.
Mi apre vestita con quel pigiama che adoro tanto, con i capelli un po’ spettinati ed uno sguardo impassibile.
Non dice una parola, aspetta che sia io a parlare, ed in un attimo mi tuffo nel suo sguardo spento, ripensando a quel giorno in cui l’ho uccisa rivelandole la verità.

«Niente segreti» mi aveva sempre detto «Anche di fronte alla verità più cruda, io non voglio censure.»
Mai, e ripeto mai, prendere alla lettera una donna.

Finita quella festa tornai da lei, deciso più che mai ad ammettere il mio errore, pronto a strisciare, pronto a farmi aiutare nel cambiamento.
Le portai un mazzo di rose rosse e confessai tutto, senza pause, senza interruzioni, guardando la sua lenta morte, parola dopo parola.
Lasciò cadere le rose, le schiacciò con il piede e abbassò lo sguardo; stava per piangere, ma si stava trattenendo per non farlo di fronte a me.

«Vattene.» mi disse tra i denti ed io, senza replicare, obbedii.

Furono le ultime parole che le sentii dire, poi ritornai alla mia vecchia vita, alla mia maschera, al mio travestimento da duro, da menefreghista senz’anima.
Qualcosa però oggi aveva fatto traballare la mia seconda identità, qualcosa che ancora non capisco.

Ora la guardo fissa negli occhi, sono agitato e come al solito le parole sfuggono via come serpenti, strisciando lontani dalla verità.

«Scusami, avevo preparato milioni di discorsi per questo momento, ma l’unica cosa che c’è nella mia mente ora è il vuoto.
Non ho nulla per scusarmi di ciò che ho fatto, niente rose questa volta, solo due parole, ti amo.
Non l’ho mai detto in vita mia, e penso che non lo farò mai più, perché sei tu quella con cui voglio stare, quella che voglio mi stia accanto e che voglio mi aiuti a liberarmi di ciò che non sono.
Mi avevi detto massima sincerità, e posso ammetterti che in questo periodo sono rimasto fedele alle mie antiche convinzioni… fino ad oggi, quando qualcosa mi ha bloccato e mi ha riportato in mente te.
Sono qui, ora, ad ammettere tutti i miei sbagli, sono qui ora per chiederti di stare con me, sono qui ora per chiederti di farti amare da me.»

Il silenzio della notte incombe, il mondo pare essersi fermato per quella che a me pare un’eternità, mi sento sull’orlo di un precipizio, bloccato tra due realtà, poi…

«Quella camicia…»
«Cosa…?»
«Quella camicia… te l’ho regalata io. Sarà stata quella a farti pensare a me. Ricordo che l’hai macchiata di vernice lo stesso giorno.»
disse indicando un piccolo puntino rosso sul polsino.
Sorride, un sorriso incerto, ma al momento mi basta per infondermi una grande felicità.
«Vuoi… entrare? Solo per un caffè…»
Ora sono io a sorriderle
«Sì, voglio poterti ammirare nel contesto a cui appartieni, voglio sentirti parlare a macchinetta senza un motivo preciso, voglio sentire il tuo profumo…»
«Mi bastava un semplice “Sì”.» un nuovo sorriso, questa volta sincero, questa volta un sorriso di felicità.
Entro chiudendomi la porta alle spalle, e mentre ci dirigiamo verso la cucina capisco che, finalmente, anche la porta del mio passato è definitivamente sigillata

«Con o senza zucchero?» mi  chiede, ma io non la sento nemmeno, l’abbraccio ed inizio a baciarla, senza sosta, facendole cadere tutto dalle mani.

Alcune cose cambiano inesorabilmente, altre restano sempre le stesse.
Ed è assolutamente perfetto così.

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4 commenti

  1. Ci PiACEEEE. (Y)

  2. sono davvero stupita di come tu sia riuscito a scrivere questo testo. immaginavo tu avessi molto dentro nascosto nel tuo cuore ma non immaginavo una tale meraviglia.le parole erano bellissime scorrevano l’una dopo l’altra..complimenti davvero

  3. Ok, lo ammetto, è scritto molto bene.
    Il protagonista è il classico figlio di -censura- senza redenzione che crede di essere in grado di amare ma che in realtà non sa cosa significhi rispettare una donna, men che meno amarla, ma nel complesso ben scritto.

    Ale femminista acida mode: ON 🙂

    1. Devi provare le sensazioni del protagonista, devi sentire la sua maschera che cade e devi sentire le farfalle nello stomaco quando vede Lei, la sua Lei.
      Nulla è impossibile, anche un bastardo come questo può cambiare grazie alla magia della donna giusta.
      Ora mi dirai che sono smielato, ma io continuerò comunque a credere nell’utopia.
      Tu ti chiedi “Perchè?” Io dico “Perchè no?”

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