«E’ così che te l’eri immaginato?»

Quella era l’ultima delle domande che mi sarei aspettato da quell’incontro.
Mi allungai sullo schienale di quella sedia e senza rispondere mi guardai intorno.
Nulla era come me lo sarei immaginato, tutto era completamente diverso da come l’avevo progettato.

Poco distanti da noi vi era un campetto da calcio, e proprio in quel momento giocava una squadra femminile under 21.
Mia figlia dovrebbe essere lì ora, se solo…

«Allora? E’ così che te l’eri immaginato? Sono cambiate molte cose dalla tua partenza, molte vite hanno intrapreso percorsi differenti.»
«Lo vedo, stai con Jessica ora. »

In quel momento arrivò il cameriere a portarci i nostri due caffè macchiati, distraendomi per un secondo soltanto da quello che avrei dovuto dire all’uomo davanti a me.

«Sì beh, stiamo bene insieme e non vogliamo affrettare le cose, specialmente dopo che… beh, lo sai.»
«Dopo che… cosa? Che aveva una vita una figlia con me? Che abbiamo passato quello che nessun genitore dovrebbe passare?»

Abbassò lo sguardo e non mi rispose.
Presi la tazzina di fronte a me e assaporai il profumo di quel caffè.
Il caffè italiano, non c’è niente di meglio.
Sospirai e subito misi una pezza alla freccia che avevo appena lanciato.

«Scusami… io…»
«No, hai ragione. La tua vita è stata un completo casino ed io non ho fatto altro che peggiorare la situazione. E’ per questo che appeno ho saputo del tuo rientro ti ho chiesto subito di incontrarci qui.
Te lo ricordi questo bar?»

Sorrisi, più che altro per i bei ricordi che iniziavano ad affiorarmi alla mente.

«E chi se lo dimentica. Il bar di quando eravamo adolescenti. Venivamo qui tutti i sabati sera a vederci le partite e a bere birra.»

Al tavolo accanto una giovane coppia giocava con la sua bambina, sembravano felici com’era giusto che fosse.
Un bambino deve portare gioia, non tristezza e disperazione, come era stato nella mia vita.
D’un tratto, quasi sentisse i miei pensieri, quella bambina si girò verso di me e guardandomi mi sorrise, facendomi iniziare a piangere.
Era da tanto che non piangevo, e asciugandomi le lacrime mi rivolsi al mio migliore amico di un tempo.

«Sai cosa mi fa rabbia? La mia impossibilità di fare qualsiasi cosa.
Ora è tardi, certo, ma 3 anni fa lei era ancora al mio fianco.
I dottori erano vaghi, convinti che se ne sarebbe potuta andare da un secondo all’altro senza che potessero fare nulla.

Da quando ho saputo della malattia mi sono subito sentito la morte accanto, ogni singolo momento sarebbe potuto essere l’ultimo per lei.
Non ha potuto fare nulla di importante nella sua vita, non ha potuto finire le superiori, non ha potuto giocare da professionista a calcio a 5 come ha sempre sognato, non ha mai avuto un ragazzo che io potessi conoscere e invitare a cena.
Una cosa questa situazione me l’ha insegnata, le occasioni vanno prese al volo perché non sai cosa potrebbe riservarti il futuro.

Per questo non posso arrabbiarmi, per quanto vorrei, se Jessica è riuscita a dimenticarmi così facilmente.
La morte di Claire ha fatto morire anche la nostra relazione, ed in te ha trovato il conforto che nel mio dolore non riuscivo più a darle.»

«Non cera bisogno di fuggire, potevi ricominciare da zero anche rimanendole vicino…»
«E girare per la città continuando a vedere il viso di mia figlia in ogni dove? Aveva 13 anni, e me l’hanno portata via.»

Pagammo i nostri macchiati e ci avviamo per le strade della mia vecchia città, strade impregnate di ricordi e di profumi conosciuti.

«Com’è L.A?»

Sorrisi, strano come a volte la persona che ti conosce meglio scelga le domande più banali per fare conversazione.

«Un paradiso. Diciamo che lì ho trovato la mia pace.
Non dico di aver ritrovato l’amore, ma sto uscendo con una ragazza e anche noi stiamo bene insieme.
Però non le ho ancora detto di…»
«Ti capisco.»

Già, nonostante tutto credo che non mi sarei mai più innamorato, ma non glielo dissi per non rischiare di farglielo pesare.
L’unica ragazza che avessi mai amato era Jessica, la madre di Claire.
Un’idea mi balenò nella mente e subito mi fermai, alzando lo sguardo da terra e guardandolo negli occhi, pronunciando le parole che, forse, avrebbe voluto sentirmi pronunciare molto prima, forse tre anni fa.

«Portami da lei.»

In America vedere qualcuno parlare con la tomba dei propri parenti è quasi una cosa naturale, nel resto del mondo rischiano di puntarti il dito contro dandoti del pazzo.
Quello che questa gente non capisce è che non bisogna vergognarsi di qualcosa che ci rende in pace con noi stessi.
Era questo che pensavo mentre posavo quel mazzo di rose rosse sulla nuova dimora di mia figlia.

In tre anni non avevo mai avuto il coraggio o la forza di venirla a trovare, quasi spegnendo il cellulare e chiudendo i ponti con la mia vecchia vita potesse farmi dimenticare di averla mai vissuta.
In un attimo un fiume di lacrime straripò sul mio viso, bagnando la roccia e le rose sotto di me.

«Niente e nessuno potrà mai riportarcela indietro»

Mi voltai senza nemmeno tentare di coprirmi quel volto rigato di lacrime, incrociando lo sguardo di Jessica.

«Niente e nessuno, è vero.
Ma già il semplice fatto che tu sia qui dopo 3 anni, ha riacceso la fiamma della speranza che dovrebbe sempre ardere dentro il tuo cuore.
Non ti ho dimenticato, se è quello che stai pensando, ho solo avuto quella forza che Claire avrebbe voluto che avessimo entrambi.
Non avrebbe mai voluto vederci così, ricordi le sue ultime parole?»

Chiusi gli occhi e annuii.

«Non preoccupatevi, lassù hanno bisogno di me. Starò bene, siate felici.»

Abbracciai Jessica, sentendo di nuovo quel suo profumo inebriante che molti anni prima mi aveva fatto perdere la testa, e con la voce ancora strozzata dal pianto di poco prima le sussurrai:

«Ho l’aereo tra poco. E’ stato bello rivederti. Rivedervi.»

In un’ora ero già pronto, scelsi il mio posto vicino al finestrino, e con alle orecchie un po’ di musica classica, mi addormentai.
Mentre crollavo tra le braccia di Morfeo mi sembrò quasi di udire una voce.

«Grazie papà. Ti voglio bene.»

Poi, il nulla.
E mentre l’aereo decollava, con Claire viva dentro al mio cuore, mi apprestavo a ricominciare la mia nuova vita.
E questa volta, nessun taglio netto con il passato.

«Claire, mia cara. Ti voglio bene.»

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1 commento

  1. Struggente… Complimenti, un racconto molto profondo, da lacrimuccia direi….

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