Ero giovane, incompreso, a volte stupido.
Mi perdevo dietro lo sguardo di qualsiasi giovane e bella ragazza.
Avevo iniziato a credere che quello che vivevo ogni giorno fosse Amore, quello con l’A maiuscola, quello che tutte le ragazze desiderano tanto quando lo vedono alla TV in quelle soap romantiche.
Fu così che, da un giorno all’altro, quello che era uno tra i più grandi e puri sentimenti che si possano provare… per me divenne abitudine, noia, ogni ragazza per me non era altro che un nome su una lista.

«Mi chiamerai?»

Questa una delle frasi ricorrenti della mia vita, ma la risposta era sempre e costantemente “No”.

Vivevo in un oblio, per me il vero Amore era quello che durava il tempo di una notte, quello che non chiedeva baci rubati o per cui non c’erano anniversari o date da ricordare.
La mia vita era piena di veri amori, per quanto mi riguardava.
Cos’è cambiato da allora?
Sono cresciuto, mi sono laureato e ho trovato lavoro presso uno studio legale nella mia città.
Ma no, non sono stati propriamente questi i motivi del mio cambiamento radicale.
Ero entrato in una fase filosofica, di transizione, e la notte invece di dormire la passavo camminando per le strade deserte.

La notte, il momento migliore della giornata sotto ogni punto di vista.
La città si spegne completamente, l’agitazione e la fretta della gente svaniscono, sovrastati dalla calma e dalla tranquillità.
In lontananza, quasi facciano parte di un’altra realtà, il lieve rumore di qualche macchina che attraversa la città.
Sembra quasi che i problemi del giorno siano soltanto un brutto e lontano ricordo, pronti a essere sistemati nel dimenticatoio della nostra mente.
La gente parla sottovoce, ride, sorride, sospira, trasformando quella che di giorno è una delle città più caotiche, nel paradiso terrestre dove chiunque vorrebbe vivere.

Di notte la rabbia svanisce, la voglia di premere con rabbia sull’acceleratore è rimpiazzata dalla musica in sottofondo che esce dalle casse, di tanto in tanto fischiettiamo quel motivetto conosciuto, magari sentito solo una volta chissà dove.

E’ strano, ma quella notte mi sembrava diversa.
Camminavo lentamente mentre il mondo attorno a me si preparava per il solito sabato sera: solito bar, solita gente.
Camminavo da solo, mentre trascinavo dietro di me una pesante valigia di problemi, pensieri e incertezze, mentre passavo sotto ad alberi spogli.
La mia vita era diventata un grande punto di domanda, e nemmeno la notte poteva porvi rimedio.
Nemmeno la musica riusciva ad allietarmi, mentre cercavo invano le istruzioni per una vita migliore.

Quante volte ho desiderato fuggire dal passato, quante volte ho pensato di poter cancellare persone che prima ne facevano parte.
Quante volte ho tentato di cambiare, di essere diverso, migliore.

Se ho imparato una cosa in questa vita, è che non possiamo cambiare quello che gli anni ci hanno resi.
E’ grazie a tutti i problemi che abbiamo vissuto e superato se la nostra valigia oggi ci sembra così pesante.

In un secondo mi fermo e mi guardo intorno, mentre l’mp3 continua a scegliere casualmente canzoni per la colonna sonora della mia notte.
Era come se qualche forza più grande di me stesse cercando di indirizzarmi sulla strada giusta;
E visto il mio pessimo senso dell’orientamento un “gps”, seppur improvvisato, fa sempre comodo.

Entro nel primo bar nelle vicinanze, uno di quelli da cui normalmente ti dicono di stare alla larga.
Anche il nome non è rincuorante, “Die Schwarze Katze”, Il gatto nero.
Il nome mi ricorda tanto il racconto di Edgar Allan Poe, speriamo solo non mi rinchiudano dietro un muro.

Mi sedetti ad un tavolo, lontano dalla maggior parte dei clienti, all’angolo, lì dove non arrivava nemmeno la luce del lampadario posto al centro del soffitto.
L’unico spiraglio arrivava da una misera candela posta al centro del tavolo, certo che i tedeschi sanno proprio come risolverli i problemi.

Misi in pausa il mio mp3, ordino una birra e svuotai, per l’ennesima volta, quella valigia che ora abbandonerei molto volentieri sul ciglio dell’autostrada.
Non possono multarmi per aver abbandonato una valigia di problemi, vero?

La musica del locale non era esattamente il mio genere, ma per quella sera feci un’eccezione; poco più in là quattro ragazzi, forse della mia età, giocavano a freccette.
Sembrava si divertissero, tutto il mondo sapeva come divertirsi eccetto me.

In un attimo mi sentii leggero, quasi finalmente la mia valigia fosse stata riempita d’elio e fosse pronta a volare via.
Poco più in là, in un altro angolo molto più illuminato, mi parve di vedere una giovane ragazza dai capelli di un biondo così acceso da splendere di luce propria.
“E’ un angelo, non ci sono altre spiegazioni”, pensai inizialmente e forse preso dall’euforia del momento mi parve persino di vedere due grandi ali piumate bianche dietro di lei.
O magari era solo la birra a fare effetto, si sa che non ho mai retto l’alcool.

Era bella, con dei lunghi capelli biondi che le accarezzavano le spalle e aveva un grande sorriso, mentre mi fissava da lontano.

Sembrava diversa dalle ragazze che ero solito portarmi a letto e per questo feci di tutto per avvicinarla, ma qualcosa quella volta andò diversamente.
Il cuore mi batteva all’impazzata, le mani iniziarono a tremare e le ginocchia faticavano a reggere il mio peso.
Cosa mi stava succedendo? Ero forse… agitato?

Lei mi guardava con quegli occhi che avrebbero sciolto anche il cuore più ghiacciato, mentre il mondo attorno a me si sgretolava in tantissimi frammenti.
Gli sguardi di tutti quegli spettatori erano sempre più lontani ogni passo in meno che mi separava da lei.
Non mi ero mai sentito così, come un adolescente alle prime armi, come un ragazzo al primo appuntamento.

La ragazza mi guardò, mentre lentamente mi sedevo di fronte a lei.
Lì la luce era più forte, più intensa, costringendomi a socchiudere leggermente gli occhi.
Mi accorsi così, in un attimo, che quella ragazza che da lontano avrei definito come la più bella che i miei occhi avessero mai incontrato… era esattamente il tipo di ragazza che ero solito portarmi a letto. Nulla di più, un nuovo nome sulla lista.

Il sorriso scomparve dal mio volto, e rieccola, la valigia di problemi riprese a spingermi con i piedi per terra.
Chi nasce tondo non può morire quadrato.

Ma poco importava ormai, il sole era finalmente spuntato e avevo concluso la notte filosofica come ogni altra notte.
Nulla era cambiato.

La tranquillità della notte scomparve, le strade si ripopolarono, mentre nell’aria riecheggiavano il suono dei clacson e del traffico cittadino.

Mi allontanai da quel bar in cui mai in una notte normale avrei messo piede, mi allontanai e tornai alla mia macchina, pronto a ricaricare le batterie per quella nuova settimana che stava per iniziare.

Dopotutto è anche questo che mi aiuta a sopportare il peso della mia valigia.
Il cercare di cambiare senza mai riuscirci… beh, quello è solo un effetto collaterale.

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