Ci conoscevamo da sempre, ma non c’eravamo mai incontrati.

Ero all’ultimo anno di superiori, nessuno può capire quanto fossi stressato in quel periodo se non chi ci è passato insieme a me.
Commissione sconosciuta, tesina da completare, materie da studiare, professori che continuavano a terrorizzarci psicologicamente.

«Smettetela di adagiarvi sugli allori! L’esame di maturità non è una passeggiata, sarà il primo di una lunga serie di test che andrete ad affrontare nel corso della vostra vita.
Da questo dipende tutto»

Solo dopo capisci quante cazzate ti abbiano inculcato nel cervello solo per farti studiare, ma questa è un’altra storia.
Correvo avanti e indietro per la scuola e in sostanza mi ero accampato in biblioteca per terminare quella che sarebbe stata la migliore tesina di sempre.
Beh, perlomeno era quello che speravo.

Fu proprio in uno di quei giorni che la vidi, non era la prima volta ma di certo non eravamo mai stati così vicini.
Letteralmente vicini, intendo.
Ero un ragazzo anonimo, uno di quelli che non esiste finché non ti si para davanti e si presenta.

A volte lasci che siano le parole a trasportarti, altre volte basta uno sguardo.
Ci guardammo per qualche secondo, lei parve assorta nei suoi problemi, nei suoi pensieri, mentre i suoi lunghi capelli castani ondeggiavano a ritmo del suo passo.
Aveva un libro in mano, “History of the United Kingdom”, e si sedette proprio di fronte a me iniziando a sfogliarlo.

Era bella, non avrei mai potuto dire il contrario, forse addirittura troppo bella per essere sfiorata dai miei occhi.
Si sa, l’autostima non ha mai fatto parte del mio curriculum, tanto meno mi sarei mai azzardato ad attaccare bottone con una ragazza del genere.
A questo ci penso lei.

«Ti pare normale che un ragazzo ti tradisca e poi ti faccia passare per la troia di turno? »

 Alzai lo sguardo, convinto stesse parlando al telefono o con qualche suo amico sbucato dal nulla, ma era me che stava guardando.

«Ti sembra giusto che una ragazza debba soffrire per un individuo del genere?
E poi proprio in questo periodo, durante la maturità. Come se non fossi già abbastanza stressata di mio.»

Chiusi il libro di fronte a me e la guardai, stranito.
Aveva il volto teso, con delle piccole rughe che si erano formate ai lati degli occhi.

«Hai ragione scusa! Le buone maniere prima di tutto… Piacere mi chiamo Francesca!»
Aveva un grande sorriso sul suo volto, ma sotto quell’apparente felicità notai un velo di tristezza e nostalgia. Le sorrisi.

«Piacere, Andrea. Comunque un ragazzo del genere non merita nemmeno le tue attenzioni.»

Quasi non avesse sentito la mia risposta, continuò

«E poi era quello che sbandierava l’amore come eterno, che diceva che se mai io lo avessi lasciato, non mi avrebbe mai dimenticata.»

Abbassai lo sguardo tentando di respingere le lacrime del mio passato che quella ragazza aveva involontariamente fatto riaffiorare in superficie.

E sempre con lo sguardo basso, le risposi.

«E’ questa la differenza. C’è chi finge di amare e porta una maschera, che ti mente pur di sedurti, per usarti come trofeo da sbandierare con gli amici dopo una partita di calcio…
E poi c’è chi è innamorato dell’amore, e sopporta di tutto pur di dar felicità alla persona che ama, anche lasciarla andare via per sempre.»

Mi guardò stranita, quasi non si aspettasse una risposta del genere da un ragazzo appena conosciuto.
O forse semplicemente da un ragazzo.

Lentamente le piccole rughe sul suo volto scomparvero e senza distogliere lo sguardo, prese il suo libro e si allontanò, sussurrandomi un “Grazie” che mi risvegliò dall’oblio del mio passato.

Il mio passato, lo spettro da cui erano ormai 5 anni che non riuscivo a fuggire, la ragazza che mi aveva incatenato a lei per tanto, troppo tempo, facendomi dimenticare il vero significato dell’amore.

Alzai lo sguardo, finalmente sapevo cosa dovevo fare.
Mi misi a correre per raggiungerla, sentendo in lontananza qualcuno che m’incitava a camminare per i corridoi.
Mi fermai di colpo quando la vidi parlare con il suo ragazzo.
Ex ragazzo.
Qualcosa stava per cambiare.

Lui cercava di spingerla a sé, ma lei continuava a ritrarsi.

A volte lasci che siano le parole a trasportarti, altre volte basta uno sguardo.

Si girò verso di me, mi guardo e sorridendo varcò la porta d’uscita.
Fu l’ultima volta che la vidi.
Era come se fosse sparita da quella scuola, seppur sapessi avesse dato l’esame di maturità insieme a noi.

Poi partì per l’Inghilterra, divenendo soltanto un altro, l’ennesimo pezzo mancante del puzzle della mia vita.

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