Con un ghigno malefico l’uomo stava lucidando la sua pistola nuova, con il calcio di legno e la canna argentata.
La scritta “Fiat iustitia et pereat mundus.”, unico ricordo del vecchio proprietario, brillava sotto la luce al neon.
Sia fatta giustizia e perisca il mondo”, gran bella frase per un’arma da fuoco.

L’aveva comprata a poco in uno dei tanti mercati clandestini della città, quasi al confine con la Svizzera.
Ce n’erano a dozzine, ovviamente nascosti, ma per lui trovarli era diventato un gioco da ragazzi.

Mise l’arma in una tasca segreta all’interno della sua giacca e uscì, con il cappello che gli copriva gli occhi e appoggiato a un bastone di legno.

All’apparenza sembrava una persona normalissima, seppur quel cappotto lungo non gli si addicesse molto, ma si sa quanto le apparenze possano ingannare.

La vita in quella città era frenetica, e nel rumore della città tutti i pensieri venivano ovattati e passavano in secondo piano.

La prima priorità era sempre il lavoro, dovevi essere sempre disponibile per qualsiasi emergenza, arrivare in orario e seguire gli ordini.
E meno male che viviamo in un paese libero.

Con lo sguardo basso l’uomo camminava lentamente, mentre la folla lo urtava continuamente e non gli chiedeva neanche scusa, a volte gli urlavano anche di spostarsi.

Se solo sapessero con chi avevano a che fare…

L’uomo raggiunse la sua destinazione, ma non entrò subito; alzò lo sguardo per guardare all’interno delle vetrine.
La gioielleria era nuova, sicuramente ristrutturata da poco, e aveva adottato un sistema insolito per controllare chiunque entrasse.
Niente telecamere, solo un campanello dove suonare e aspettare che qualcuno ti aprisse.
Scomodo, forse, ma di certo così si vedeva in faccia ogni “cliente”.

L’uomo appoggiò il bastone all’idrante e tirò fuori il suo pacchetto di sigarette.
Non era ancora il momento.
Aspirò a pieni polmoni quel nettare avvelenato, mentre in lontananza vide il suo bersaglio che si avvicinava.

Aveva l’aria spensierata e uno strano sorriso sul volto, quasi sapesse tutto e stesse per mandarci tutto all’aria.

Buttò la sigaretta nel tombino, riprese in mano il bastone e si posizionò subito dietro di lui per entrare nella gioielleria.
Non era la prima volta, ma il suo cuore batteva all’impazzata.
Un misto tra paura ed euforia, un cocktail che alle volte può essere letale.

Si sedette sulla sedia alla sinistra della porta, mantenendo lo sguardo puntato verso il suo bersaglio, mentre la mano era pronta sulla tasca segreta della giacca.
Cercava invano di ricordare quando quella non fosse routine, ma era passato troppo tempo ormai.

La gioielleria era bella anche vista dall’interno, con un arredamento tutto fuorché pretenzioso.
Persino le vetrine non sembravano rispecchiare la qualità degli oggetti che invece erano messi in vendita.

L’uomo aspettò pazientemente il suo turno, facendo salire in lui l’ansia del fallimento.
Di tanto in tanto sembrava quasi buttare l’occhio nella sua direzione, facendo aumentare in lui l’idea che ormai lo avesse smascherato.

In un secondo il tempo sembrò rallentare fino quasi a fermare, il bersaglio tirò fuori la pistola e sparò un colpo in aria, facendo sbriciolare parte dell’intonaco.
Tutti i presenti, in una scena da film poliziesco, si buttarono a terra con le mani a coprire la testa, quasi il soffitto stesse per crollare di lì a poco per un semplice proiettile.
Esagerati.
L’uomo stava alzando la voce, con ancora la pistola puntata in aria.

«Datemi tutti i portafogli o inizio a sparare a caso!»

Come se fino a quel momento avesse mirato.
Di lì a poco tutti si avvicinarono a lui molto lentamente, lasciando cadere portafogli, orologi d’oro e quant’altro.

Lui era ancora lì, seduto sulla sedia alla sinistra della porta, e questo era il momento di entrare in azione.
Con un gesto rapido tirò fuori la pistola e lo colpì dritto in mezzo agli occhi.
Il campo di battaglia lo aveva formato, donandogli una mira quasi infallibile.

Il corpo senza vita dell’uomo cadde di peso per terra mentre la pistola scivolò fino a finire dall’altra parte del negozio.

In un secondo un concerto di sirene circondò la gioielleria, cameramen e radio correvano senza sosta per accaparrarsi l’esclusiva sul pezzo migliore.
Intervistarono tutti, tutti tranne uno.
Quell’uomo con il cappotto lungo.
Nessuno lo vide uscire, nessuno lo vide tornare.
Su quella sedia trovarono solo il suo distintivo da poliziotto e l’arma del delitto.
La pistola del rapinatore, al contrario, non fu mai ritrovata.

Mai fidarsi delle apparenze.

Lontano da quella città, lontano dal mondo, quell’uomo camminava sempre appoggiato a quel bastone, con il cappello che gli copriva gli occhi e con lo stesso cappotto lungo.
Dentro la tasca segreta, una pistola, sempre diversa per non dare nell’occhio.
Ogni città ha bisogno del suo paladino mascherato.
E mentre sullo sfondo inizia a nevicare ecco nuovamente la colonna sonora della sua vita che riprende il controllo della giornata.

Spari, urla e sirene.
Ad ognuno la sua routine.

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