Si dice che il tempo sistemi ogni cosa, e purtroppo si dice così spesso e nelle situazioni più sbagliate da aver quasi perso di significato.
Perché la realtà dei fatti è questa, nemmeno quella che sembra la peggiore delle situazioni è destinata a durare in eterno.
Ti sveglierai un giorno senza quell’unico pensiero che ti assillava la mente, ricominciando a vivere nella routine quotidiana fino al colpo di scena successivo che ti costringerà a invertire nuovamente la rotta.

In quel momento mi ritrovavo a qualche settimana dal mio cambio di rotta.
Uscivo da poco dalla relazione con una psicopatica bionda.
Ora potrà sembrare che io lo dica con cattiveria dovuta alla rottura, ma non è così.
Adoravo questo suo modo di fare, il suo cambiare dieci volte argomento in una frase, la sua voglia di ballare come se nessuno ti stesse guardando, adoravo quel suo atteggiamento giovane (dovuto anche alla grande differenza di età tra di noi).
Adoravo tutto di lei, o perlomeno lo credevo.
Solo ora analizzando giorno per giorno la nostra relazione, capisco che passavamo la maggior parte del tempo a litigare, e il restante a chiederci scusa.
Questa non è una relazione, questo è un contratto lavorativo con un datore di lavoro che non sopporti.
Il bello di una relazione non sta nelle litigate costanti, ma nel continuo approccio alle diversità.

Stufo di passare il sabato pomeriggio a casa con le mani in mano, uscii e con la macchina guidai per ore verso l’unica città che per gli ultimi mesi era stata la base per ogni mia uscita serale, ma che non mi apparteneva come apparteneva a Lei.

Iniziai a camminare per quelle strade che ormai avevano tutto un altro sapore: malinconia, mista a rabbia, mista a “cos’avrò mai sbagliato?”.

Quegli ultimi mesi per me erano stati ben più che autodistruttivi; avevo ricominciato a fumare, bevevo per dimenticare (per poi ricordarmi quando questo fosse una cattiva idea la mattina dopo), e avevo cercato di cambiare anche il più piccolo particolare del mio carattere e del mio aspetto fisico.
Non mi vergogno di ammettere che questa separazione ha avuto per me un brutto colpo, mi ha scosso fin dentro l’anima in un modo tale che non avevo mai provato in tutta la mia vita.

Con la sigaretta in bocca mi ritrovai a evitare una scorciatoia perché passava proprio sotto casa sua, scegliendo la via più affollata del mercato del sabato pomeriggio.
Quale città sceglie il sabato pomeriggio per il mercato? Secondo quale logica?

Odiavo il sapore del tabacco, adoravo l’effetto che la nicotina aveva sul mio corpo.
O meglio, adoravo il fatto di potermi fare del male, quasi per punirmi di qualche ipotetico comportamento sbagliato senza effettivamente darlo a vedere al resto del mondo.
Per tutti ero soltanto un ragazzo qualunque con una cattiva abitudine.

Con ancora la sigaretta accesa mi appoggiai alla ringhiera che dava sul fiume principale della città e iniziai a guardare il cielo.
Per la prima volta da secoli non c’era l’ombra di una nuvola, il sole splendeva e i suoi raggi caldi m’irradiavano la pelle.
Sarebbe stata la giornata perfetta per passeggiare mano nella mano con Lei.
Tutti mi dicono che non ha senso vivere nell’ansia di qualcosa che è finito, ma bisogna cambiare i propri pensieri e andare avanti come si è sempre fatto.
La vita non è mai facile, spesso non è giusta, e ancora più spesso ti ritroverai a soffrire.

«Ti sei innamorato di questa giornata, tanto da non toglierle gli occhi di dosso, vero?»

Una ragazza, appoggiata sulla ringhiera accanto a me, mi aveva rivolto la parola quasi ci conoscessimo da sempre.
Peccato non l’avessi mai vista prima.

Era una bella ragazza, capelli castani lunghi e lisci, occhi marroni ed uno di quei sorrisi che hanno l’aria essere ripieni di dolcezza.
Le sorrisi, ma non le risposi, continuando a guardare il cielo, perso nel marasma dei miei pensieri.

«Ti ho riconosciuto, sai.»

Ora aveva catturato la mia attenzione.

«Tu sei un’anima smarrita, cammini senza meta in una città che non ti appartiene veramente.
Hai perso qualcosa, lo leggo nei tuoi occhi.
Cerchi di mascherarlo con falsi sorrisi, probabilmente anche con battute per smorzare la tensione quando sei insieme ai tuoi amici.

E a volte, sempre più spesso, ti ritrovi a fantasticare sulle milioni di possibilità di come sarebbe potuta andata diversamente.»

Il mio sorriso si spense e la guardai negli occhi, aspettando che continuasse.

«Io ti ho riconosciuto perché tu sei come me.
Esci da una storia importante, o che almeno tu reputi sia stata importante.

Credevi fosse la tua anima gemella perché avevate milioni di cose in comune.

A cosa è servito?»

Si bloccò un secondo, il tempo di far sparire quel bellissimo sorriso dalle sue labbra.

«Scusami, sono domande che sto facendo a me stessa, ma ciò non toglie che siano domande che dovresti porti anche tu.»

Rimanemmo in silenzio per almeno un minuto, continuando a guardare il cielo, persi ognuno nei propri pensieri, poi spensi la sigaretta e presi la parola.

«In ogni storia idealizziamo chi ci sta accanto perché speriamo che quella sensazione idilliaca dei primi mesi possa durare in eterno.

Le somiglianze diventano motivo di scontro passata la fase della “luna di miele”, e a ogni lite perdi un pezzo di identità.

La verità è che ho perso lei, ma ho perso soprattutto me stesso.»

Non so quanto tempo rimanemmo lì a parlare, potrebbero essere stati minuti così come ore.
Intanto accanto a noi il mercato lentamente spariva fino a quando il buio prese possesso delle strade della città e i lampioni divennero l’unica fonte di luce.
Senza nemmeno aver bisogno di dirlo iniziammo a camminare entrambi, uno accanto all’altra, quasi ci fossimo letti nel pensiero o negli sguardi.
Non c’eravamo nemmeno presentati, ma paradossalmente sentivo di trovare in lei parte dei pezzi di me stesso che avevo smarrito.

O forse lo pensavo per la mia innata capacità di affrettare qualsiasi cosa senza lasciarle compiere il suo corso naturale.
Camminammo a lungo, parlando di tutto e di niente, passando addirittura accanto all’unico posto di quella città che ancora mi dava l’ansia tanto da non riuscire a respirare.
In quel momento, soltanto in quel momento, eravamo entrambi rinchiusi in una bolla priva di problemi.
Il mondo esterno non ci sfiorava nemmeno.

Poi in un attimo la bolla scoppiò quando ad un bivio ci dividemmo senza neanche salutarci, senza guardarci negli occhi, senza sapere nulla l’uno dell’altro se non la storia che ci accomunava.

Non l’ho più incontrata, non seppi mai il suo nome o dove abitava.
Probabilmente eravamo destinati a strade diverse, capaci di incontrarsi soltanto per un attimo per poi procedere nuovamente verso direzioni opposte, ma quel giorno è rimasto nella storia.
Quella è stata la mia prima rinascita, il momento in cui ho dimenticato il dolore provato negli ultimi mesi, il primo momento in cui io sia riuscito a trovare veramente parte di me in qualcun altro, ritrovando allo stesso tempo anche la mia identità perduta.

Abbiamo tutti una strada predestinata, e lei è stata la mia guida attraverso l’Inferno, verso il Paradiso.

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