“Sono solo, completamente solo.”

Se lo ripeteva spesso, mentre si nascondeva dietro ad un falso sorriso.
Camminava per la città, sguardo rivolto verso il basso, mentre la vita gli passava accanto.

Letteralmente.

Accanto a lui tutto scorreva in modo quasi frenetico; si dice che New York sia la città che non dorma mai, ma anche Londra difende bene il suo titolo.

La ruota panoramica di notte è illuminata da una luce rossa che soavemente si rispecchia nelle acque del Tamigi.

Camminava su quel ponte quasi si fosse smarrito, mentre accanto a lui delle coppie ridevano tenendosi per mano, e cantanti di strada interrompevano il silenzio.

Non si era perso, sapeva benissimo la sua destinazione finale e come raggiungerla senza nemmeno chiedere indicazioni.
Ormai quella città per lui non aveva più segreti né dubbi.

Dubbi che, invece, aveva ancora riguardo l’Amore.
Era partito per dimenticare, per dimenticarla, ma ogni passo in avanti l’aveva aiutato soltanto a rendere ogni ricordo ancora più nitido.

Si fermò a fissare il suo volto riflesso nella vetrina di un negozio.
Aveva gli occhi stanchi come chi camminava senza sosta dalla notte prima.
Aveva lo sguardo perso, come chi dopo una brutta caduta stava solo cercando di rialzarsi.

Come poteva rialzarsi, se la forza possente del rimpianto continuava a bloccarlo a terra tagliandogli le ali?
Più volte si era ripromesso di imparare dai propri errori, e di tutta risposta aveva sbagliato ancora.
Sbagliando si impara a sbagliare meglio.

Le macchine sfrecciavano sull’asfalto, ancora non si era abituato al senso di marcia inverso e più volte il clacson l’aveva portato ad indietreggiare per non rischiare di essere investito.

Sarebbe bello fosse così anche per la vita, che ci venga incontro con un segnale capace di farci capire quando stiamo sbagliando e che ci rimetta sui binari corretti.

Con l’alba ormai alle porte e le metro che cominciano ad aprire al pubblico, subito si fece strada.
Con sé aveva la mappa per ogni singola fermata, ma ormai non ne aveva più bisogno.

Passò la tessera magnetica sopra al lettore, e dopo il leggero segnale acustico iniziò a districarsi all’interno di quei cunicoli sotterranei.
Un solo cartello tra tutti in quel momento aveva importanza.

“Bakerloo”

Era sveglio da quasi 24 ore, ma finalmente stava tornando a casa.
Non che ci fosse da gioire, non aveva niente che lo legasse a quell’abitazione se non un letto comodo ed un tanto agognato giorno di ferie
Sapeva come le avrebbe passate, un tempo: un bel viaggio da qualche parte nel mondo con lei al suo fianco.
Il luogo non aveva importanza, se erano insieme.
Anche se, ovviamente, quando viveva in Italia era Londra la destinazione più ambita.

Il tabellone segnava 5 minuti al primo treno disponibile, e sedendosi notò per la prima volta di non essere solo.
Una ragazza era poco distante da lui, con la testa bassa e le mani a reggerle il volto.

Si avvicinò, cominciando a squadrarla.
Castana, occhi neri e con addosso un vestito da sera rosso.
Gli occhi erano rigati dalle lacrime e dal mascara, rendendo il suo viso molto triste e spento.

A basarsi sui fatti, doveva tornare da una festa che non era sicuramente finita nel migliore dei modi.

La ragazza, che intanto aveva notato la sua presenza, alzò lo sguardo e pronunciò poche semplici parole, ma che resero tutto finalmente chiaro e lampante.

“Sono sola. Completamente sola.”

L’uomo le si sedette accanto porgendole un fazzoletto.

“Lo siamo tutti.
Io e te forse ora lo siamo un po’ meno.”

C’è chi riempie la solitudine con chiunque passi anche per sbaglio nella sua vita, diventando in questo modo ancora più solo.
E poi c’è chi sa aspettare il pezzo del puzzle mancante, senza fretta.
Potrebbe accadere in qualunque momento.

In metropolitana, alle cinque di mattina di un freddo mercoledì di metà marzo, per esempio.

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