La vita è un cerchio.
No, non dobbiamo trovarne il raggio o la circonferenza, anche se forse sarebbe più comodo che comprenderla.
Tutto, prima o poi, torna indietro, il passato bussa alla nostra porta per vederci soffrire o sorridere ancora.
Un insieme di insignificanti punti, ecco cos’è la vita, ma ogni punto rappresenta un’esperienza che ci ha segnati, cambiati.
Il mare è pieno di pesci tanto quanto la vita è piena di opportunità, basta solo imparare a pescare.
Facile a parole, si rischia spesso di trasformare il cerchio in una figura strana, tutt’altro che regolare, o perlomeno questo è quello che si pensa.
Ma ciò che nasce tondo non può morire quadrato, per questo motivo ogni sbaglio, ogni fallimento, ogni successo… ogni punto del cerchio non è altro che una continuazione del destino già segnato dall’inizio.
E’ da qui che voglio partire per raccontare la mia storia, tutto torna indietro e come un cerchio si chiude.
Si ricomincia da capo.
Profumava di vaniglia, questo lo ricordo.

Era un sabato, un sabato mattina, forse il primo sabato del mese.
Ero vestito elegante, giacca nera e cravatta bianca, nodo Windsor, come piaceva a lei. Sul letto un mazzo di rose rosse con un bigliettino giallo che avevo appena finito di scrivere.

“ Se avessi dovuto regalarti un fiore per ogni volta che ti ho desiderata… Il mondo ora sarebbe privo di rose”

Sistemai la cravatta, presi le rose ed uscii di casa. Dimenticai la testa da qualche parte, forse, perché il mio sguardo era rivolto al cielo, un cielo azzurro con poche nuvole sbarazzine che lo tinteggiavano di grigio.
L’indomani sarebbe stata una giornata speciale e non volevo avere rimpianti di nessun tipo, per questo aumentai il passo con l’intenzione di arrivare da lei il prima possibile.
Ma qualcosa andò storto, inciampai su di un sasso e finii per colpire una giovane ragazza dai capelli dorati.
Si, bionda, un colore forse più acceso dell’oro, e una ventata di profumo alla vaniglia mi colpì.
Le chiesi scusa più volte e solo allora la guardai dritta negli occhi, azzurri più del cielo e più del mare.
Quel colore misto a quel profumo mi fece perdere la testa, o forse mi ipnotizzò, chi può dirlo.
Sta di fatto che mi dimenticai della mia futura moglie, delle rose, del bigliettino e di tutto il resto; buttai tutto nel cestino e per farmi perdonare da quella sirena incantatrice la invitai a pranzo.
La conoscevo da quanto? 5 minuti? Già mi sembrava di conoscerla da una vita intera e questo mi fece pensare che forse il matrimonio non era stata una buona idea.
Avevo ancora un mondo intero da scoprire, milioni di ragazze da incontrare, forse avevo sbagliato, forse non era lei la ragazza giusta, quella da sposare.
E poi… quella sirena incantatrice aveva qualcosa di familiare, come se già la conoscessi o perlomeno l’avessi già vista.
Mi invitò a casa sua per ricambiare il fastidio del pranzo.
Era strano, parlavamo e ci sfioravamo quasi ci conoscessimo da una vita intera.

Fu in quel momento che compresi tutto.
La mia mente volò indietro di 20 lunghi anni, al giorno in cui conobbi la mia attuale fidanzata, Silvia, il nostro primo bacio sotto i fuochi di capodanno e… la nostra prima volta in spiaggia.
Era mezzanotte, il mare era leggermente agitato e una brezza spingeva verso di me il suo profumo, un profumo intenso di … vaniglia.
I capelli castani, illuminati dalla luna piena che ci sovrastava, danzavano soavemente sospinti dal vento e i suoi occhi marroni luccicavano di lacrime, lacrime di felicità.
La sabbia era fredda, ma non ci facemmo nemmeno caso, incatenati com’eravamo ci riscaldavamo a vicenda.

«Non lasciarmi mai, non farmi soffrire»
«Non potrei mai, siamo una cosa sola ormai»

Stavo quasi per venire meno a quella promessa, tornai alla realtà giusto in tempo per sentire, e vedere, ciò che la sirena incantatrice stava per farmi fare.

«Baciami!» mi disse, ma io mi scostai, mi alzai dal divano e la guardai inerte per qualche secondo.
Il suo sguardo era confuso, non comprendeva il perché della mia reazione, ma io finalmente avevo capito; aveva puntato sul ricordo di un amore sbocciato, di un amore forte, sul profumo e sulla conseguente routine quotidiana che si era venuta a creare in quegli anni.
L’amore è una tra le piante più delicate, sopravvive solo se curato giornalmente, e se devo essere sincero negli anni passati non ho mai avuto un gran pollice verde.
Vivevo allontanandomi sempre di più da ciò che era la realtà, stavo per sposare una donna che non conoscevo affatto.
Corsi via da quella casa, corsi via verso l’unica destinazione possibile in quel momento, corsi da Lei.
Sembravano passati anni, invece ci eravamo visti la sera prima, ma solo ora riuscivo veramente a scorgerne la bellezza che ella emanava da tutti i pori, solo ora era veramente la Silvia di cui mi ero innamorato vent’anni prima.
La abbracciai e la baciai come se fosse la prima volta, cogliendola di sprovvista, costringendola a lasciarsi andare a quello che sembrava un bacio infinito, dolce , un bacio che sapeva d’amore, d’amore nuovamente vivo, giovane.
Fu allora che quel profumo che non sentivo da molto tempo mi invase e mi ridonò ciò che da tempo sembrava avessi perso: la felicità.

Profumo alla vaniglia, un profumo che dall’indomani mi avrebbe accompagnato per il resto della mia vita fino a quando il cerchio fosse stato completo.

La vita è un cerchio.
No, non dobbiamo trovarne il raggio o la circonferenza, anche se forse sarebbe più comodo che comprenderla.
Tutto, prima o poi, torna indietro, il passato bussa alla nostra porta per vederci soffrire o sorridere ancora.
Un insieme di insignificanti punti, ecco cos’è la vita, ma ogni punto rappresenta un’esperienza che ci ha segnati, cambiati.
Il mare è pieno di pesci tanto come la vita è piena di opportunità, basta solo saperle cogliere dall’albero giusto, basta solo individuare i frutti velenosi, scartarli e proseguire.
Facile a parole, si rischia spesso di trasformare il cerchio in una figura strana, tutt’altro che regolare, o perlomeno questo è quello che si pensa.
Ma ciò che nasce tondo non può morire quadrato, per questo motivo ogni sbaglio, ogni fallimento, ogni successo… ogni punto del cerchio non è altro che una continuazione del destino già segnato dall’inizio.
E’ da qui che voglio partire per raccontare la mia storia, tutto torna indietro e come un cerchio si chiude.
Si ricomincia da capo.

Profumava di vaniglia, questo lo ricordo.
Era un sabato, un sabato mattina, forse il primo sabato del mese.
Ero vestito elegante, giacca nera e cravatta bianca, nodo Windsor, come piaceva a lei. Sul letto un mazzo di rose rosse con un bigliettino giallo che avevo appena finito di scrivere.

“ Se avessi dovuto regalarti un fiore per ogni volta che ti ho desiderata… Il mondo ora sarebbe privo di rose”

Sistemai la cravatta, presi le rose ed uscii di casa. Dimenticai la testa da qualche parte, forse, perché il mio sguardo era rivolto al cielo, un cielo azzurro con poche nuvole sbarazzine che lo tinteggiavano di grigio.
L’indomani sarebbe stata una giornata speciale e non volevo avere rimpianti di nessun tipo, per questo aumentai il passo con l’intenzione di arrivare da lei il prima possibile.
Ma qualcosa andò storto, inciampai su di un sasso e finii per colpire una giovane ragazza dai capelli dorati.
Si, bionda, un colore forse più acceso dell’oro, e una ventata di profumo alla vaniglia mi colpì.
Le chiesi scusa più volte e solo allora la guardai dritta negli occhi, azzurri più del cielo e più del mare.
Quel colore misto a quel profumo mi fece perdere la testa, o forse mi ipnotizzò, chi può dirlo.
Sta di fatto che mi dimenticai della mia futura moglie, delle rose, del bigliettino e di tutto il resto; buttai tutto nel cestino e per farmi perdonare da quella sirena incantatrice la invitai a pranzo.
La conoscevo da quanto? 5 minuti? Già mi sembrava di conoscerla da una vita intera e questo mi fece pensare che forse il matrimonio non era stata una buona idea.
Avevo ancora un mondo intero da scoprire, milioni di ragazze da incontrare, forse avevo sbagliato, forse non era lei la ragazza giusta, quella da sposare.
E poi… quella sirena incantatrice aveva qualcosa di familiare, come se già la conoscessi o perlomeno l’avessi già vista.
Mi invitò a casa sua per ricambiare il fastidio del pranzo.
Era strano, parlavamo e ci sfioravamo quasi ci conoscessimo da una vita intera.
Fu in quel momento che compresi tutto.
La mia mente volò indietro di 20 lunghi anni, al giorno in cui conobbi la mia attuale fidanzata, Samantha, il nostro primo bacio sotto i fuochi di capodanno e… la nostra prima volta in spiaggia.
Era mezzanotte, il mare era leggermente agitato e una brezza spingeva verso di me il suo profumo, un profumo intenso di … vaniglia.
I capelli castani, illuminati dalla luna piena che ci sovrastava, danzavano soavemente sospinti dal vento e i suoi occhi marroni luccicavano di lacrime, lacrime di felicità.
La sabbia era fredda, ma non ci facemmo nemmeno caso, incatenati com’eravamo ci riscaldavamo a vicenda.

«Non lasciarmi mai, non farmi soffrire»
«Non potrei mai, siamo una cosa sola ormai»

Stavo quasi per venire meno a quella promessa, tornai alla realtà giusto in tempo per sentire, e vedere, ciò che la sirena incantatrice stava per farmi fare.

«Baciami!» mi disse, ma io mi scostai, mi alzai dal divano e la guardai inerte per qualche secondo.
Il suo sguardo era confuso, non comprendeva il perché della mia reazione, ma io finalmente avevo capito;
Aveva puntato sul ricordo di un amore sbocciato, di un amore forte, del sul profumo e della conseguente routine quotidiana che si era venuta a creare in quegli anni.
L’amore è una tra le piante più delicate, sopravvive solo se curato giornalmente, e se devo essere sincero negli anni passati non ho mai avuto un gran pollice verde.
Vivevo allontanandomi sempre di più da ciò che era la realtà, stavo per sposare una donna che non conoscevo affatto.
Corsi via da quella casa, corsi via verso l’unica destinazione possibile in quel momento, corsi da Lei.
Sembravano passati anni, invece ci eravamo visti la sera prima, ma solo ora riuscivo veramente a scorgerne la bellezza che ella emanava da tutti i pori, solo ora era veramente la Samantha di cui mi ero innamorato vent’anni prima.
La abbracciai e la baciai come se fosse la prima volta, cogliendola di sprovvista, costringendola a lasciarsi andare a quello che sembrava un bacio infinito, dolce , un bacio che sapeva d’amore, d’amore vero.
Fu allora che quel profumo che non sentivo da molto tempo mi invase e mi ridonò ciò che da tempo sembrava avessi perso: la felicità.
Profumo alla vaniglia, un profumo che dall’indomani mi avrebbe accompagnato per il resto della mia vita fino a quando il cerchio fosse stato completo.

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2 commenti

  1. ora non ho tempo di leggerti, ma a casa mi scarico qualcosa e vedo di darci una letta. hai mai provato a postare i tuoi racconti sul sito di ewriters? peccato che a dicembre chiuda…almeno, se gli amministatori non cambiano idea.

    1. Non lo conosco, semmai vedo di iscrivermi… Un po’ di notorietà in più non può far male 😀 Grazie!

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